Charles de Foucauld, facendo esperienza della propria fragilità umana, particolarmente nell’ultimo periodo della sua vita a Beni Abbès e a Tamanrasset, fa esperienza della sua povertà. Nel 1901, dopo l’ordinazione sacerdotale, sogna di annunciare il Vangelo ai poveri del Sahara. Nel 1905, quando sta per raggiungere Tamanrasset, scrive: «Offro la mia vita per la conversione dei tuareg, del Marocco, dei popoli del Sahara, di tutti gli infedeli. Si tratta di imitare Gesù nella sua vita nascosta». Ma ecco che nel 1908 fa esperienza della solitudine, dell’abbandono, della malattia che rischia di condurlo alla morte. Nello stesso momento c’è un chiaro fallimento della missione: non ha convertito nessuno. Non ha seguaci. Lui, che sognava di celebrare l’eucaristia quotidianamente e di portare nel mistero la presenza di Gesù in terra islamica, non ha più, da Roma, l’autorizzazione di celebrare da solo. Era venuto per servire i poveri che ammiravano la sua generosità. Non ha più nulla da offrire e la siccità si è estesa su tutte le regioni dell’Hoggar. Sono alcune donne, povere fra i poveri, che, prendendo il poco latte rimasto alle sparute capre, che gli salvano la vita. Lui, venuto per donare, finalmente impara a ricevere. Lui, il cui motto era «Mai indietro», finalmente si riconcilia con la sua fragilità. Voleva essere fratello dei piccoli ed ora eccolo diventato il fratello piccolo. Voleva aiutare i poveri, eccolo diventato povero. Ormai sa che un povero aiutato rimane un povero, mentre un povero amato diventa un fratello. Ha toccato con mano la sua povertà, la sua piccolezza. Si è riconciliato anche con queste e le ha offerte. Ha afferrato la frase che il Signore disse a san Paolo: «Ti basta la mia grazia… nella tua debolezza si manifesta la mia forza» (2Cor 12,9).
Frère Charles sta vivendo ciò che nel Vangelo chiamiamo la seconda chiamata, ogni vita che si orienta alla santità, prima o poi, passa attraverso questa seconda chiamata. Nel Vangelo di Giovanni vediamo che Pietro ha vissuto queste due chiamate. C’è la chiamata dell’inizio, nella quale, con suo fratello, segue Gesù, poi c’è la chiamata che segue il rinnegamento. Gesù gli pone solo una domanda: «Mi ami tu?». Pietro risponde che lo ama con un amore d’amicizia. Gesù gli aveva chiesto se era capace di amarlo dello stesso amore di Dio (agape). Noi avvertiamo l’umiltà di Pietro. Ha toccato con mano la sua povertà, il suo peccato. Allora Gesù può dirgli: «Ti condurranno dove tu non vorrai andare… seguimi (Gv 21,15-19). Frère Charles ha accettato gradatamente questo abbandono nelle mani del Padre al seguito di Gesù. Accettando di dipendere dai poveri è diventato un piccolo fratello, un povero fratello. Non era più venuto solo per dare, ma per condividere, per imparare a ricevere dagli altri. A poco a poco offre questa parte di humus e anche la zizzania che c’è, anziché nasconderla, affinché la grazia ne faccia un cammino di santità.
Charles de Foucauld ci rivela che la santità va ben oltre la guarigione delle ferite. Quando il Risorto appare ai discepoli, la salvezza che propone coabita con il segno delle sue piaghe. La grazia cicatrizza le ferite della vita, non le cancella, in ogni cicatrice è presente una fragilità. C’è una idealizzazione della santità che sorge da un perfezionismo psichico, morale e spirituale. Noi siamo sempre zizzania e buon grano e il Signore ci chiede di offrili entrambi. Attraverso questo cammino frère Charles ha vissuto le ultime parole di Gesù durante la sua passione: «Padre, non la mia, ma la tua volontà si compia» (Lc 22,42) […]
Attraverso la fede in Gesù, frère Charles, poco alla volta, si è lasciato modellare dal Signore. Potremmo evocare molti aspetti della sua vita:
la santità al centro del quotidiano con la spiritualità di Nazaret – il cristianesimo è una delle poche religioni al mondo che santifica il quotidiano –;
la santità al centro dell’apostolato che affonda le radici nell’eucaristia e nell’adorazione eucaristica;
la santità vissuta nell’accompagnamento dei più poveri e la spiritualità del piccolo e del fratello;
la santità in terra islamica, volta alla preghiera ed all’amicizia fraterna.
Jean-Claude Boulanger, vescovo di Seéz
Testo completo in: «Jesus Caritas», n. 105 / gennaio 2007, 35-41